Esplorare il passaggio tra la vita e la morte
Interrompere il tempo
Sospendere il respiro
Immergersi in un medium celeste nè aria nè acqua
Finalmente anima
Corpo senza corporalità
Nè vivo nè morto
E' lungo quel confine che divide la vita dalla morte, l'essere dal non essere, il finito dall'infinito che si gioca tutta la partita dell'esistenza, raggiungerlo per Isora Caprai significa trovare un'appagante serenità ma anche le motivazioni e le ispirazioni per la sua ricerca artistica. Quello che per il Taoismo è una sorta di “vuoto mistico” perchè, completamente distaccati dalla materialità e allo stesso tempo pienamente aperti alla vita, si assapora un estatico stato di sospensione, per Isora è prima di tutto un bisogno creativo: “ho sempre pensato al legame che abbiamo con l'Universo – dice – a come possiamo respirare l'infinito su questa terra. L'arte mi permette di esplorare questa dimensione altrimenti inconoscibile, senza spazio né tempo in un medium astratto”
Attraverso il colore, la forma e la trasparenza, Isora ci accompagna in un incredibile esperienza di ascesi, per condurci proprio là dove respira l'anima. A popolare le sue immagini è un piccolo esercito di fanciulli ermafroditi e di feti senza nome. I primi paiono galleggiare senza peso, sopsesi tra cielo e terra, avvolti da un impalpabile ed inafferrabile nuvola azzurra, il corpo ombreggiato da velature grigie, gli sguardi attoniti sul mondo che hanno appena lasciato o gli occhi chiusi in un sonno di morte. I secondi , nati dalla cera che i disegna come radiografie, sono sospesi nel vuoto più assoluto: senza peccato e senza respiro, ma già con gli occhi pieni di sogni. “ I bambini sono come degli ectoplasmi” , precisa Isora, presenze evanescenti ed imprendibili, spiriti liberi di stupirsi e di fantasticare, di fermarsi e di attendere . Del corpo hanno solo il ricordo nella forma , ma la sostanza di quelle membra è tutt'altra faccenda.
Certo, a guardarli volteggiare sulle nostre teste, inconsistenti come l'ombra e soavi come il respiro, vengono in mente gli affollati cieli di Andrea Pozzo, che nell'apoteosi di Sant'Ignazio, ha dipinto un esercito di putti, oppure gli angeli di Pietro da Cortona e dell'impareggiabile Correggio, così arditi negli scorci e nelle pose. Eppure, tra i morbidi e gonfi incarnati dipinti dai maestri del Rinascimento e del Barocco e i piccoli di Isora Caprai le affinità sono solo apparenti. La verità è che i bimbi di Isora non riescono a cancellare del tutto quello strascico di malinconia e di apprensione che li ha accompagnati nella vita terrena , sono più fantasmi che Angeli. Delle tribolazioni portano i segni nelle ombre che riempiono i corpi, negli sguardi statici e nell'anima. Forse aveva ragione Victor Hugo quando diceva che “ Spesso ci sono più cose naufragate in fondo a un'anima che in fondo al mare”.
Ma, per carità, non cadiamo nell'errore di credere che queste creature siano i simboli di maternità vagheggiate o perdute, di nursery celestiali o, peggio, di frustrazioni femminili. Nulla di tutto questo. Sono bambini perchè è solo risalendo la vita a ritroso , è solo ritornando alla semplicità e alla purezza delle origini e alla verginità dell'innocenza che è possibile godere di quello spettacolo dall'alto perchè, volendo scomodare ancora Hugo: “C'è uno spettacolo più grandioso del mare, ed è il cielo, c'è uno spettacolo più grandioso del cielo, ed è l'interno di un'anima”.
Lorella Giudici - Milano 2013
Installation - Ascensus, 2013, acquerello, acrilico, sintrex intelaiato, 90x90x1cm
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